
Muoviamo le montagne di Charlotte Perkins Gilman, pubblicato nel 1911, racchiude in sé idee che, ancora oggi definiremmo progressiste in una cornice femminista.
Con qualche neo, sicuramente, difficilmente giustificabile, ma comunque capace di offrire spunti davvero interessanti, da non sottovalutare.
Curiosa?
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La trama
Il romanzo è ambientato in un mondo utopico, “… un’utopia neonata, qualcosa di piccolo che può crescere” come la definisce la stessa Perkins Gilman, e ha come protagonista un uomo, John.
John si era perso all’inizio del Novecento in una spedizione in Tibet.
A distanza di 30 anni la sorella Nelly lo ritrova e lo riporta a casa in America.
Ma che cosa può essere accaduto in quei 30 anni trascorsi ai confini del mondo?
Semplicemente, si fa per dire, tutto.
Quel mondo in cui John è cresciuto non esiste più e le donne, una volta subordinate, hanno abbandonato la passività a cui erano costrette per rivendicare, ottenendolo, un ruolo decisivo nella società.
Inizia così un per il protagonista un percorso di apprendimento e osservazione di questo Mondo Nuovo in cui tutto è così diverso eppure talvolta familiare.
In realtà quello che l’uomo compie, è un viaggio alla riscoperta della sua realtà proiettata in un futuro piuttosto prossimo in cui a basi socialiste l’autrice coniuga una guida totalmente femminile.
Un ribaltamento, anzi una riprogettazione della prospettiva vittoriana dove è possibile parlare di equità sociale, ecologia e laicità dello stato, superando le contraddizioni e le terribili conseguenze della Rivoluzione Industriale.
Il lento e progressivo risveglio di John, dubbioso e reticente prima, sempre più consapevole durante e infine pienamente convinto, è la dimostrazione di come si possa cambiare opinione e che, alla fine, non ci vuole poi molto.
Tutto è possibile anche nel breve volgere di 30 anni… basta cambiare angolo di osservazione!
Perché leggere “Muoviamo le montagne”?
- E’ un’importante tassello nella ricostruzione della storia del pensiero femminista
- Offre spunti interessanti di riflessione su ambiente, lavoro, educazione, tempo libero, maternità, divisione dei ruoli: temi incredibilmente attuali
- Il pensiero della Gilman è lungimirante e originale
- E’ un’esortazione alla sorellanza
Il punto di forza è l’analisi della relazione fra mondo maschile e mondo femminile e, soprattutto, tra sfera privata e uscita delle donne nel mondo pubblico.
In particolare è interessante come Gilman contrassegni il “risveglio delle donne” in quanto punto di svolta per comprendere di non essere proprietà ma esseri umani liberi.
Con incredibili ricadute positive in ambito sociale, politico, religioso e organizzativo.
In realtà il ruolo di donne e mogli non cessa di esistere, anzi, ma cambia completamente significato: non più proprietà, del padre o del marito, ma donna in sé capace di restare tale come lavoratrice e madre.
In questa visione, tutto diventa una scelta e non un percorso preordinato.
Mentre si fa strada l’idea che la natura umana è buona, è solo rimasta indietro a causa di di condizioni e idee sbagliate. Da cui la necessità di un cambiamento di mentalità e prospettiva.
Lo stesso cambiamento a cui va incontro il protagonista nel suo viaggio attraverso l’utopia e che si completa quando anch’egli prende coscienza che non è il mondo ad essere cambiato ma il modo di concepirlo.
In soldoni, Gilman mette in discussione la visione primitiva della donna relegata unicamente alla condizione di madre e degli uomini come attori sociali e produttori, imputando alla dipendenza economica la disparità di ruoli. Una visione, questa che ritiene svantaggiosa per il progresso sia da un punto di vista individuale che sociale.
Insomma, il misoginismo così come la povertà e la dipendenza e anche lo sfruttamento lavorativo, naturali conseguenze di questa visione, sarebbero la causa di ogni male sociale, che nella “neonata utopia” sarebbero stati definitivamente eradicati.
Il più essenziale dei cambiamenti è stato “il cambiamento nel modo di pensare il mondo”
La mia opinione
Attraverso questa utopia, John il protagonista e le donne che popolano il suo nuovo mondo, Gilman rilegge moltissimi temi di grande attualità.
In primis la maternità che qui non è più solo un’occasione ma una fonte di potere.
Ma non passano inosservati nemmeno temi come l’ecologia e l’ambiente: gli uomini e le donne di questa nuova America hanno compreso come il benessere sia strettamente legato alla salute ambientale costruendo una società ecosostenibile.
Naturalmente in Muoviamo le montagne non mancano ambiguità e punti oscuri.
Nonostante la visione aperta e progressista che si respira nelle pagine del romanzo, non si può ignorare la vicinanza della Gilman all’eugenetica e a idee piuttosto discutibili sulla razza e sull’immigrazione.
Nulla di più lontano dalla mia sensibilità e dalle mie idee.
Tuttavia va detto, a discolpa dell’autrice, che questa era una linea di pensiero predominante e, che spesso, troppo spesso, ha incrociato la strada del pensiero femminista.
Ma fatto questo dovuto appunto, Muoviamo le montagne è e resta un’opera estremamente innovativa capace di smontare, letteralmente pezzo per pezzo, idee patriarcali sulle donne, sull’economia, sulla religione, sul dogmatismo e molto altro.
Offrendo spunti e alternative attualissime e, oggi, più che mai necessarie.