Valentina d’Urbano torna in libreria con un altro dei suoi capolavori, un romanzo coraggioso e potente, “Figlia del temporale“ in cui, ancora una volta oltrepassa impavida i limiti, per raccontare del corpo, del desiderio femminile e del bisogno, mai sopito, del patriarcato di controllarli.
Il risultato è un racconto doloroso ma, al tempo stesso, una bellissima, selvaggia e travolgente storia d’amore.
La trama
Albania anni ’70: Hira ha 13 anni e rimane orfana.
Sola e spaesata viene spedita al Nord, nelle montagne, dallo zio Ben e dall’unica famiglia disposta ad accoglierla.
Ad attenderla è una piccola comunità di pastori dimenticata persino dalla feroce tirannia comunista, dove l’unica legge è quella del kanun: l’antico codice della montagna.
Ma Hira non fatica ad ambientarsi.
Con lei ci sono la cugina Danja che la inizia alle mansioni riservate alle donne, e Astrit, il cugino muto, lo strano del villaggio, che le insegna ad orientarsi nei boschi, e con il quale sviluppa un legame speciale fatto di gesti e morsi che sembrano baci.
Libera e selvaggia trascorre gli anni dell’adolescenza, ma quando le viene imposto un matrimonio combinato sceglie di smettere di essere donna diventando una burrnesh, una vergine giurata.
Cambia nome in Mael e si comporta come un uomo: lavora, mangia, beve e fuma come un uomo, e tutto il villaggio la rispetta come tale, ma…
a differenza dei maschi deve rimanere vergine.
E se Mael è determinato, i desideri di Hira, ribelli e passionali, non tardano a farsi sentire.
Così, ben presto Hira scopre che dietro alla sua nuova libertà si nascondono altre catene…
Perché leggere “Figlia del temporale”
“Figlia del temporale” è un romanzo potente e coraggioso, a tratti doloroso, ma intriso di una passionalità che non lascia spazio al compromesso.
Con una scrittura intensa, a tratti tagliente, Valentina d’Urbano, racconta una storia, attraverso gli eventi, le emozioni, le scelte, che interroga il lettore e obbliga alla riflessione.
Quale libertà può dirsi tale se non è consentito vivere pienamente alla luce del sole? A che cosa si può, e forse si deve, rinunciare per vivere la vita che ci sembra più libera?
Perché Hira per essere libera deve rinnegare sé stessa e la sua femminilità?
E’ così che, la protagonista, donna che se si veste e comporta da uomo, diventa un grido di libertà, il tentativo di autodeterminazione e un viaggio negli anfratti più intimi dell’identità di ciascuna di noi.
Un viaggio nel bisogno vitale e imprescindibile di vivere secondo le proprie regole e non secondo i codici precostituiti della società.
La mia opinione
“Figlia del temporale” è un romanzo che scuote.
Risveglia.
Spinge alla riflessione.
Un viaggio profondo e doloroso nella necessità di ribellarsi prima di tutto a sè stesse, al concedersi, nostante tutto, all’obbligo, sempre, di rinunciare, a qualcosa o a tutto, per essere ciò che si desidera.
Al compromesso, che ci vuole un pò tutto e niente insieme, facili pedine, da muovere e sistemare in base all’occorrenza: moglie, madre, lavoratrice, care giver, bellissime accompagnatrici mute e…
Alle regole di una società patriarcale che impone, sempre, ruoli preconfezionati e manipola, limita, la libertà, semplicemente, di essere.
“Figlia del temporale” è proprio questo: un racconto che è una riflessione dolorosa su quali rinunce ogni donna deve operare per scegliere la libertà di decidere.
Hira decide di cancellarsi, cessare di esistere e diventare Mael per ribellarsi al matrimonio combinato: sacrifica corpo e desideri, ma Mael non esiste, è un’invenzione. Mentre l’anima di Hira, invece, è reale e resta viva e le ricorda, ogni giorno, una scelta di apparente libertà.
Tu, io, noi cosa cancelliamo di noi stesse per sentirci libere, al sicuro, pienamente soddisfatte?
Perché è lì che si si insinua la sottomissione, la manipolazione e l’impossibilità di autodeterminazione piena: dietro la libertà di ribellarsi al matrimonio combinato Hira trova un’altra prigione.
E noi?
Allora non può non sorgere spontanea la domanda: “A quali scelte e compromessi è costretta, ancora oggi, ogni donna ( e non solo) per costruire il suo spazio sicuro di libertà, autodeterminazione e soddisfazione?”
Perché non ci è concesso, semplicemente, di essere tutto contemporaneamente?